Telejato è la normalità
- Immacolata Mariani
- 8 lug 2015
- Tempo di lettura: 3 min
La normalità di un’informazione che non tace la verità, ma punta l’obiettivo della telecamera dritto sul marcio, soprattutto quando al di là c’è la faccia di un mafioso arrestato o appena sbucato dal bunker dell’oblio. Questa è Telejato, la tv di Pino Maniaci che a Partinico, nel cuore della provincia di Palermo, in 16 anni di attività ha contribuito a scuotere un paese da sempre prono al fantoccio della mafia che mette paura: solo in quest'angolino di Sicilia, a pochi km dalla Corleone patria di Riina, 10 i morti accertati di cui 2 lupare bianche.

Ce l'ha raccontato lui stesso giovedì pomeriggio nel corso del primo appuntamento formativo del Campo Antimafia "Angelo Vassallo". Introdotto dalla giornalista Graziella Di Mambro, non ha perso tempo per infervorare il pubblico con quel modo singolare che contraddistingue il suo parlare: "Non possiamo abbassare gli occhi e far finta di niente", questa la pietra miliare della sua filosofia. Pino Maniaci è l'atteggiamento personificato dell'emittente che dirige nell'idea di una controinformazione ambiziosa e intransigente, la cui rumorosa irriverenza nei confronti dei mafiosi, tratto caratterizzante di Telejato, non si placa neanche quando si è la vittima sopravvissuta di vari attentati.
"Disonorare la mafia è una questione d’onore per Telejato", tiene a ribadire con orgoglio il giornalista cui la mafia non è riuscita a tappare la bocca nonostante lettere intimidatorie, telefonate anonime, macchine incendiate, freni tagliati, vetri spaccati, vili sevizie ai suoi cani, aggressioni fisiche compresa quella da parte del figlio di un boss, che gli ha rotto quattro costole, una gamba, e il tentato investimento ai danni del figlio, teleoperatore insieme alla figlia Letizia presso la tv di famiglia. Episodi questi che lo hanno costretto a sottoporsi da quattro anni all'accompagnamento saltuario dei carabinieri sotto regime di tutela, ma che non hanno spento la volontà di sfidare la mafia attraverso le telecamere. Perché "se ai mafiosi gli togli le proprietà si incazzano, ma se li sfotti e li denigri si incazzano ancora di più".

Il lavoro di Telejato è anche e soprattutto una ricerca della verità da raccontare senza filtri. E' in questo modo che Telejato ha contribuito a scoperchiare vasi di Pandora come il caso della Distilleria Bertolino di Partinico, industria insalubre, ricettacolo di organizzazioni malavitose, condannata per inquinamento ambientale a sborsare 2 milioni di euro. O ancora l'inchiesta sul patrimonio milionario di beni confiscati che a Palermo viene gestito dall'unico amministratore giudiziario Cappellano Seminara molto vicino a giudici e procura, oltre che al Presidente della Sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo Silvana Saguto, incaricato di sequestrare i beni. Clientelismi e storture costate a Pino Maniaci innumerevoli accuse di diffamazione e stalking, ben presto cadute per infondatezza.
Un totale di 314 querele ricevute per aver perseguito liberamente la verità fondante dell'inchiesta in un Paese come l'Italia, dove per la maggior parte degli editori, informare vuol dire politicizzarsi, sottostare alla telecrazia o raccontare prevalentemente in modalità infotainment. Queste querele verso Telejato costituiscono il segno tangibile e la riprova di un giornalismo che va nel profondo delle cose, con quella passione viscerale per il territorio in cui si è radicati. Solo in questo modo è possibile produrre una buona informazione che da' voce a chi non ce l'ha, incide sulle coscienze dei cittadini onesti spingendoli ad essere partigiani della legalità, aiuta a costruire un'opinione critica che consente di discernere l'ingiustizia dal bene collettivo. "Siani diceva che esistono giornalisti giornalisti e giornalisti impiegati. Io dico che i giornalisti devono essere missionari che amano la propria terra, che vogliano vederla libera da soverchierie come la mafia".

Noi ne siamo fermamente convinti. Solo la normalità di un’informazione libera può essere il presupposto di una missionaria lotta alle mafie.
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