L'ANTIMAFIA SOCIALE E LA GUERNICA DI PICASSO
- programma101onlus
- 17 giu 2014
- Tempo di lettura: 5 min
VI CONSIGLIAMO DI LEGGERE QUESTO ARTICOLO DELLO SCORSO SETTEMBRE MA TALMENTE ATTUALE... INTERVENTO DELLA NOSTRA COOP AL TILTCAMP, E' PASSATO UN ANNO... E NOI SIAMO ANCORA QUI.
Ben volentieri abbiamo accettato l’invito degli organizzatori del TiltCamp al dibattito “Noi, testimoni in cerca di giustizia”, portando lì, nella Piana di Fondi, una piccola testimonianza di quanto fatto nella nostra città, Gaeta. Si è parlato di antimafia, dibattito moderato da Vincenzo Di Costanzo. Presenti altre organizzazioni, locali e non, sindaci di città limitrofe e Onorevoli parlamentari impegnati sul tema. Abbiamo da subito apprezzato la coraggiosa scelta di Tilt! per aver ospitato nel dibattito posizioni che sul tema dell’ antimafia non convergono neppure all’infinito. Nel piccolo della nostra esperienza abbiamo partecipato a questo banco di prova importantissimo, praticamente il primo confronto pubblico tra le varie posizioni dell’antimafia sociale nel sud pontino. Ci sono luoghi in cui questa cosiddetta “antimafia sociale” finge tutto l’anno di andar d’accordo e poi, sul taglio del nastro, c’è la corsa a chi pianta la prima bandiera, in altri posti invece si assiste a giornalieri scontri a mezzo stampa o nelle stesse iniziative dove proprio a causa di questi rapporti minati si fa la scelta dell’antimafia “uno alla volta”, oggi parla lui, domani parli tu. Da tutto questo universo dell'antimafia noi siamo completamente fuori. Ed ecco cosa abbiamo raccontato a Tilt! “Recupero di un bene confiscato alla camorra nella nostra città, Gaeta. Si può fare? Perché no!”
E’ iniziata così la nostra avventura. Pochi soldi e tanta buona volontà, siamo riusciti a far scoprire alla città in poco tempo un bene dimenticato da 15 anni. Gaeta, 22 beni confiscati, praticamente uno ogni mille abitanti. Pensate che la stragrande maggioranza dei cittadini non era a conoscenza non solo di dove fossero ubicati i beni, della loro storia, dello stato in cui versano, di quanti fossero, ma addirittura la maggior parte dei cittadini non era consapevole neppure dell'esistenza di beni confiscati in città, informazione appunto fino ad un mese fa confinata nel recinto degli addetti ai lavori, forze dell’ordine e pochi funzionari comunali. Leggi e procedure amministrative sono sicuramente fondamentali, ma di pari passo devono procedere corretta informazione e coinvolgimento del territorio! Per questa ragione al nostro lavoro pratico di pulizia e sistemazione del bene confiscato abbiamo affiancato un lavoro di costante informazione e comunicazione, curata proprio al fine di espandere e allargare sempre più il pubblico di questi addetti ai lavori. Il lavoro di valorizzazione e recupero non può certo prescindere da un interessamento delle Istituzioni, ma come ben sappiamo le risorse sono quelle che sono e le scelte politico-amministrative si dirigono spesso verso altre esigenze e priorità. E allora, tutte le associazioni che sul territorio si occupano di antimafia dovrebbero essere non solo megafono di campagne nazionali, perché queste rischiano di non attecchire sulla vita quotidiana dei cittadini, rischiano di rimanere una scatola vuota perché se pur condivisibili e ammirevoli, non offrono in termini pratici prospettive e visuali di sviluppo locale, non impattano sull'economia del territorio, figurarsi sulla mentalità. Queste associazioni dovrebbero attivare processi locali di coinvolgimento, partecipazione e cultura della legalità applicata alla vita stessa delle comunità, non dimenticando che cultura e sensibilizzazione sono importanti ma non possiamo parlare di legalità e beni confiscati senza quell'elemento di riscatto sociale che si chiama LAVORO. Nel riutilizzo dei beni confiscati è fondamentale che gli stessi siano in grado di generare ricchezza e nuova occupazione per il territorio che li ospita. Cosa possiamo aggiungere della nostra esperienza? Senz’altro possiamo condividere una cosa che ormai è impressa su un muro di quel bene, una frase che abbiamo deciso di scrivere verde su bianco, "FELICE IL POPOLO CHE NON HA BISOGNO DI EROI". Perché si può fare antimafia in tanti modi, ma prima impareremo a farla semplicemente compiendo ognuno il proprio dovere di cittadino, prima metteremo la parola fine a tutte le morti innocenti che la mafia continua a mietere. Di questa esperienza, quello che di più ci ha colpito i primi giorni è stata la folle coda di persone confortate del fatto che finalmente il comune avesse mandato operai a pulire. Nessuno a cui fosse venuto in mente di credere semplicemente, anche per un momento, che fossimo semplici cittadini contenti di ripulire la propria città. Però, superate le diffidenze e le tiepidezze iniziali son subito arrivate grosse dimostrazioni di affetto e riconoscenza. Chi ha deciso di rimboccarsi le maniche e pulire con noi, chi ha portato piante, chi attrezzi, chi dolci, chi caffè, chi testimonianze per aiutarci a ricostruire la storia di quel bene e del quartiere. Insomma, si è messa in moto quella macchina di attenzioni a cui tanto abbiamo lavorato per non rimanere soli. Avremmo voluto lasciare al Tiltcamp, ma calava il buio… una riflessione ed una proposta.
La RIFLESSIONE è un paragone che ci è venuto spontaneo fare, seppur bizzarro, tra l’antimafia sociale e la Guernica di Picasso. Questo quadro che tutti conoscerete, un concentrato di brutalità e violenza assurto col tempo a simbolo di DEMOCRAZIA. Guernica, una cittadina spagnola che durante il bombardamento tedesco, in stretta collaborazione col regime franchista fu distrutta. Tre bombardamenti, il primo, lieve, poco più di una decina di morti che servì a far accorrere i soccorritori e gli altri due per radere al suolo tutto, soccorritori compresi. Tutto in meno di tre ore, strategia militare perfetta. Se si riflette, è quello che accade all’antimafia. Poche persone che stanno dietro a tutti i casi di cronaca e, prendendo posizioni di solidarietà, spesso di denuncia, diventano a loro volta bersaglio. Quello per cui ci battiamo e che abbiamo ormai adottato come metodo, è qualcosa che si muove in uno spettro più ampio, che non è di nicchia, di solitudine, che non è un qualcosa dove abbiamo l’esclusiva della nostra missione, dove agiamo da protagonisti indiscussi. Bisogna abbandonarla questa visione! Questo sentire addosso il peso del mondo, perché tanto il mondo gira lo stesso. Bisogna con umiltà sentirsi importanti ma non indispensabili e capire che le cose funzionano se le si fa funzionare assieme, con ogni tassello al posto giusto e ogni ingranaggio che gira nel suo binario.Quello di cui c’è bisogno, ed è questa la nostra PROPOSTA, è approcciare a tutto questo con un’ottica nuova, un’ottica di una “mobilitazione cognitiva”. E’ indispensabile che si faccia ricorso a tutte le coscienze disponibili, dovunque esse si trovino, chiunque le possegga. Non è vero che le competenze e il sapere sono concentrati nelle teste e nelle mani di pochi, anche perché la mafia va sconfitta a tutti i livelli e in tutti i luoghi. C’è quindi bisogno non di specialisti dell’antimafia, che di lavoro fanno il censimento fine a se stesso di tutti i clan presenti nel proprio territorio, e il riferimento non è ovviamente a forze dell’ordine, autorità giudiziarie e giornalisti. Anche un calzolaio, un pizzaiolo, un fioraio, uno studente devono potersi sentire parte della lotta alle mafie, senza rinunciare al proprio lavoro, alla propria vita.
Sui muri del bene, se incuriositi verrete a dare un’occhiata, non troverete scritto “no alla camorra”, abbiamo voluto provare ad approcciare al fenomeno in maniera diversa, da una prospettiva rovesciata. Ci siamo detti ”Perché invece di provare ad essere contro qualcosa non proviamo ad essere per qualcosa?” Proviamo a raccontare il bello, l’onestà, l’impegno. E infatti, invece che “questo è un bene confiscato” troverete scritto sul cancello di ingresso “QUESTO BENE E’ DI TUTTI”. E’ di tutti perché coinvolgere la città è fondamentale, la città scopre le sue risorse e si impegna a tutelare e sorvegliare che questi beni non tornino nelle mani sbagliate.
Perché LE COSE CAMBIANO, CAMBIANDOLE.
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